È del 1994 il libro d’esordio “Briciole” di Alessandra Arachi, ma fa ancora parlare di sé anche grazie all’uscita del suo fortunato seguito, “Non più briciole”, datato 2015. Ecco le recensioni dei due libri.


Il coraggio di Alessandra Arachi

Nel primo libro “Briciole”, la giornalista Alessandra Arachi ci racconta come tutto è iniziato, riuscendo a spiegare “da dentro” cosa vuol dire convivere con il peso della malattia dell’anoressia addosso. Dal libro è stato tratto anche l’omonimo film tv Rai di Ilaria Cirino. 

Nel secondo “Non più briciole”, invece, la Arachi si concentra su tutti gli stereotipi che vogliono nella madre delle ragazze anoressiche la principale responsabile della malattia delle loro giovani figlie.

Ecco come è stata la lettura di questi libri dedicati all’anoressia nervosa.


“Briciole”: l’anoressia dal racconto di chi ne soffre

17 anni e 3 polpette al sugo. Alessandra Arachi, con l’alias Elena protagonista del libro, ci accompagna dentro la prigione urbana dei quartieri alti di Roma Nord. È perfetta, Elena, brava a scuola e super intelligente. Eppure, a 17 anni e un futuro roseo di fronte a sé, Elena inizia a mettere in riga uno dopo l’altro una serie di comportamenti mai avuti prima, da quel primo episodio di vomitare le sue amate polpette al sugo.

Ecco i comportamenti di chi soffre di anoressia nervosa:

  • odiare le sue gambe “grosse”
  • vomitare tutto subito dopo aver mangiato
  • vedere il pane come un “dannoso concentrato irrecuperabile”
  • lasciarsi andare compulsivamente a delle “orge alimentari”, come le chiama lei
  • bere aceto per eliminare completamente tracce di cibo dalle pareti dello stomaco
  • cucinare enormi quantità di cibo solo per il gusto di veder mangiare gli altri, cibo del quale non avrebbe toccato neppure una briciola
  • cercare le “abbuffate post – anoressia” nel tentativo di scongiurare un ricovero
  • correre per 4 h al giorno pur di bruciare ogni caloria (molto poche) ingerita fino a quel momento e “sfuggita al vomito”.

La mente dell’anoressia

Ce ne sono altrettanti, tutti disturbanti, dei comportamenti tipici del disturbo alimentare dell’anoressia bulimica (come la definisce la stessa Arachi), ovvero quella che unisce al desiderio di scomparire nei propri stessi panni anche il vomito compulsivo per cercare di sentirti il più invisibile possibile. Ma non ci soffermiamo qui. Più interessante, nel libro, infatti, è come l’autrice riesce a descrivere l’inferno di pensieri ai quali deve sottostare Elena costantemente. 

“Svanire piano piano dentro ai vestiti mi avrebbe allontanato dalla realtà. Ogni giorno sempre di più”

“Avere 12 kg in più vuol dire perdere l’identità, paura della vita normale, il terrore che una volta grassa nessuno si sarebbe accorto e curato di me”

Perché è questo ciò che desiderano le persone che vivono il circolo vizioso dell’anoressia: controllano il cibo con la vita, controllano l’amore degli altri con il fatto stesso di sentirsi “guardate”. Attraverso il loro esile peso, in definitiva, queste persone urlano il loro desiderio di essere ascoltate e di appartenere.


“Non più briciole”: l’enigma della mamma-drago

Forse anche più del primo, il secondo libro che Alessandra Arachi dedica alla malattia dell’anoressia è un viaggio psicologico “dentro al dramma”, narrando le difficoltà delle persone vicine a chi ne soffre. 

Marta è una mamma preoccupatissima del recente sviluppo fisico e mentale della figlia Loredana che, se una volta era il ritratto del sorriso e della determinazione, oggi è uno scricciolo incapace di muoversi: 31 kg per quasi un metro e 80. Loredana sta letteralmente scomparendo. 

Non sapendo cosa fare, nella stanza di Loredana Marta trova un libro della famosa e celebrata psichiatra Hilde Bruch “La gabbia d’oro: L’enigma dell’anoressia mentale”, che diventa il suo alleato per cercare di sciogliere l’“enigma” che accompagna Loredana, ormai una sconosciuta agli occhi della madre.

Ragazze Anoressiche: è colpa dei genitori?

Se lo pone questo quesito la Arachi, attraverso il personaggio doloroso ma ferreo di Marta, e lo fa attraverso la sofferenza di ascoltare alcuni medici darle la colpa. 

Marta agli occhi della psicanalisi tradizionale è una “mamma drago”, che soffoca le spinte centrifughe dei figli e fa della loro esistenza un prolungamento psichico della propria identità ( = leggi anche, proiettare i sogni identitari sui figli). 

Oppure, è una “madre coccodrillo” che tenta fin dal parto di salvare il suo cucciolo dalle fauci del mostro verde. In ogni caso, è colpa sua se Loredana ha sviluppato  l’anoressia in adolescenza, desiderosa sicuramente delle attenzioni del “padre amante” che adora la magrezza remissiva della figlia.

Marta non ci sta. Non le interessa nulla se la colpa è sua: vuole che la figlia si salvi. 

Il ricovero: finalmente un raggio di sole

Grazie a diversi tentativi, Marta accompagna una sempre più consapevole Loredana nel centro DCA “Raggio di sole”. Anche se non ci viene raccontata l’esperienza di Loredana, quello che resta è la visione finalmente di una soluzione all’enigma di Marta.

Una speranza che si materializza nello psicologo del centro che si apre con la donna: i fondi non sono sufficienti per una ricerca in tal senso, ma davvero l’anoressia potrebbe avere una causa organica e genetica che non ha nulla a che vedere con “colpe”, “draghi” e “coccodrilli”. 

Marta non ne è sollevata, ma sente che con la collaborazione di Loredana finalmente la via d’uscita verso il sole può diventare realtà.


I libri di Alessandra Arachi

Li trovi qui, assieme al libro della psicanalista Hilde Bruch (l’ultimo dell’elenco):

“Briciole”: https://amzn.to/3BJfuPA

“Non più briciole”: https://amzn.to/3aHFgHY

“La gabbia d’oro: L’enigma dell’anoressia mentale”: https://amzn.to/3ARQ2Gd


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