Lo spazio.

Non è come lo immaginavo. 

Non dipende solo da lui sorridere o piangere.

Non sono gli amanti il problema, 

non sono i loro sorrisi, i loro baci,

le loro carezze complici.

Sono io che sono rotta,

sono io che ancora non trovo una dimensione

personale, relazionale.

Sono io che devo guarire.

È come se le mie ferite di donna,

così tanto soffocate dalla mia forza apparente,

stiano ritornando tutte a galla.

Urlando e scalciando.

È come se le lacerazioni dell’anima 

non trovassero pace,

come se anche se vedono la luce 

non riescono mai a raggiungerla.

Come se non fosse una luce fissa,

quella di un faro,

ma quella di un festival itinerante,

che gira e si sposta un attimo più in là

non appena sto per afferrarlo.

Qual è il segreto di questa benedetta felicità? 

Qual è il mistero del sorriso?

Dove devo andare per toccare con mano la realtà,

il fato, il mio destino che desidero capricciosamente?

Mi arrendo, devo arrendermi.

Altrimenti esplodo spaccandomi

in mille pezzi.

Sono io, sono fragile, sono una donna.

Veramente.

Pazzamente. 

Profondamente.

Lacerata. 

Imperfetta.

Non so se mai troverò

amore, non so nemmeno se è stato 

a me riservato.

Non so nulla di nulla.

So che devo occupare la mia mente

con qualcosa da costruire

per afferrare la realtà, 

altrimenti, senza tatto, mi sento morire.

Sono stanca dei rapporti virtuali,

stanca del nulla detto in 10 10 mila parole.

Voglio verità.

Voglio impegno.

Voglio amore puro.

Arriverà, lo so, 

perché sto facendo spazio.

 

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