Online e sui social, ma anche nei media tradizionali, sembra impazzare senza fine la “moda” del peso estremo e dell’alimentazione disordinata: la sofferenza e la tristezza in diretta, in pratica, fanno spettacolo e follower. La triste storia di Youtubo Omar Palermo e di altre “vite al limite”.
INDICE:
- Come un gatto in tangenziale: guardare a chi sta peggio
- La storia di Youtubo e la “morte in diretta”
- Vite al limite: storie di trasformazione e successo
- Confrontarsi con sé stessi: il valore della riflessione
Come un gatto in tangenziale: guardare a chi sta peggio
Che siamo dei voyeur è noto da tempo immemore. Basti pensare al successo del Grande Fratello e al romanzo antesignano “1984” di Orson Welles: siamo spiati continuamente ma anche spioni. E ci piace, molto. Crudo e semplicistico ma vero.
La metafora del “gatto in tangenziale” è tanto reale: tutti inorridiscono all’immagine di un gatto steso sull’asfalto ma tutti lo guardano. Sapere di non essere quel gatto ci fa sentire meglio, grati alla vita e al destino. E questo vale anche se si parla di peso, di cibo e di spettacolo.
Spesso giudichiamo le nostre disgrazie rapportandone agli altri, a chi sta peggio: li definiamo “casi umani” e sono proprio quello che ci serve dopo una lunga giornata di lavoro in cui ci siamo sentiti ad esempio dei reietti sottostimati dal nostro capo. Per fortuna la tv ci presenta chi sta peggio di noi e la serata si conclude in bellezza.
La storia di Youtubo e la “morte in diretta”
Paradigma dello sfigato era Omar Palermo, star di YouTube con il canale “Youtubo anche io”: aveva 42 anni ed è morto a seguito di un infarto.
Originario di Rossano, in Calabria, il quarantaduenne era seguito da circa 500mila di follower, diventando una celebrità grazie ai video pubblicati per mesi su Youtube nei quali si mostrava in grandi abbuffate e che, in poco tempo, hanno raggiunto oltre 4 milioni di visualizzazioni.
Dai primi 150 followers, che festeggia con un video ironico (150 la gallina canta), da lì in poi inizia la sua escalation con i video in cui condivide i pasti con gli utenti, in gergo “mukbang”. Sono queste le performance che lo porteranno ad avere in poco tempo mezzo milione di followers e spingeranno i giornali on line a occuparsi di lui.
Nella sua simpatia e cultura, Youtubo trasmetteva anche un profondo senso di solitudine e veniva incitato spesso ad andare sempre oltre nelle follie gastronomiche: (es. quando ha mostrato in diretta come è riuscito a mangiare 40 merendine e una pizza enorme in una sola volta).

Nutrirsi di disgrazie
Se l’accettazione sociale è fondamentale per ognuno di noi, ancor di più se si è insicuri ed emarginati, ecco che si arriva alla spettacolarizzazione di un disagio come quello di Youtubo e la sfida di abbuffarsi in diretta.
Quanti più like si conquista, tanto più si è notati e si rincara la dose: un nuovo e pericoloso modo di fare spettacolo e di sfidarsi, che nel caso di Omar Palermo ha alimentato i suoi comportamenti alimentari disordinati, fino alla sua stessa tragica morte.
Vite al limite: storie di trasformazione e successo
Tra le tante serie e film che raccontano peso e alimentazione, “Vite al limite” (“My 600-Ib Life”) è un popolare reality show statunitense trasmetto in Italia su Real Time e giunto alla nona edizione. Ogni episodio è dedicato alla vita di persone patologicamente obese che in un anno tentano di perdere peso conducendo una vita più salutare e spesso ricorrendo ad interventi di bypass gastrico.
La star del programma è il dottor Nowzaradan, dietologo della clinica Houston Obesity Surgery, che ha un approccio non ordinario con i pazienti e metodi giudicati non ortodossi da più parti.
Tra le varie storie, Melissa Morris è stata tra le prime protagoniste della prima stazione di “Vite al limite”. Originaria dell’Ohio, partiva da 272 chili ed arrivata a pesarne 68; è stata una delle pazienti ad aver perso più peso di tutti. Depressione, problemi coniugali e pessimo rapporto con il cibo tra le cause dell’obesità: la sua storia aveva appassionato il pubblico ed oggi ha 38 anni, è seguitissima sui social e mamma di 3 figli.
Altra trasformazione importante è stata quella di Amber Rachdi che a 23 anni pesava 298kg, arrivando dopo tempo a raggiungere il peso forma.
Il programma pone al centro le storie e le cause dell’obesità dei protagonisti, sottolineando frequentemente come abitudini alimentari sbagliate portano a condizioni di salute molto pericolose.
Ad oggi Vite al Limite è un programma di successo, ha aiutato non solo chi ha scelto di sottoporsi alle cure della nota clinica di Houston ma anche chi da spettatore ha seguito i progressi dei vari protagonisti convincendosi di potercela fare.

L’obesità funzionale agli ascolti
Nonostante il successo della serie, nel 2018 il programma ha subito attacchi da diversi ex pazienti del dotto Nowzaradan e dai familiari di James “L.B.” Bonner, uno dei partecipanti al reality morto suicida, che avevano accusato la Megalomedia (società di produzione e spettacolo) di eccessiva spettacolarizzazione della sfera privata dei pazienti e dell’assenza di un percorso psicofisico post-operatorio minimo necessario a seguito di ospedalizzazioni di questo tipo.
I familiari hanno chiesto la chiusura del programma accusando lo staff della clinica di Houston di aver fatto tantissime pressioni che hanno portato Bonner a togliersi la vita.
Alla situazione si è aggiunto anche il fatto che il dottor Nowzaradan avrebbe sfruttato i problemi dei suoi pazienti solo per raggiungere una maggiore spettacolarizzazione, senza curarsi del disagio emotivo procurato dalle sue pressioni dirette al dimagrimento con diete molto restrittive.
Confrontarsi con sé stessi: il valore della riflessione
La società del confronto: così riesco a definire la nostra realtà, compreso il virtuale. Siamo costantemente sottoposti a giudizio, confronto, in ogni ambito della vita privata, lavorativa e sociale.
C’è sempre l’attitudine a dover render conto di chi si è e i social hanno amplificato questa necessità di paragonarsi agli altri. Seguire le vite perfette degli Influencer (che mostrano quello che vogliono e una parte della loro esistenza), le loro sfide lanciate inseguendo la “perfezione”, può far apparire la nostra quotidianità insulsa e povera. E i nostri corpi imperfetti e inadeguati.
Difficile stabilire un cambio di rotta di questa tendenza volta all’apparenza, ma sarebbe necessario e auspicabile un controllo maggiore sulla libertà di offendere e inveire in rete e aizzare i comportamenti alimentari distruttivi (come nel caso dei siti pro Ana e pro Mia), oltre ad una coscienza maggiore a discapito del vendibile.
Pura utopia certo, ma cerchiamo di alimentare un dialogo sincero e umano, e scegliamo chi seguire e chi de followare. Scegliamo in libertà e senza condizionamenti, impariamo ad ascoltarci e a stabilire un dialogo univoco con noi stessi. Ci accorgeremo, con stupore e orgoglio, di non essere affatto male.

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Rubrica a cura di Angela Mazzotta per melaniaromanelli.com
Giornalista, ufficio stampa, social media manager. Appassionata di scrittura, comunicazione, musica, tv, cinema, libri, viaggi, pizza e cioccolato. Innamorata perdutamente di Sonia, sua figlia. Un solo motto: cogliere l’attimo, sempre!