Secondo il Ministero della Salute, nel 2020 i casi di disturbi del comportamento alimentare legati allo sviluppo della pandemia del Covid 19 sono aumentati del 30 %. Tra i più colpiti, i giovani dagli 8 ai 14 anni e gli uomini.
L’epidemia nella pandemia
Al 21 marzo 2020, il numero di casi di COVID-19 in Italia ha raggiunto 53.578 con 4.825 decessi totali. Un numero impressionante e ancora preoccupante, aggravato soprattutto dai ripetuti interventi di lockdown in base a zone e colori.
Per limitare la diffusione del COVID-19, infatti, il governo italiano ha deciso di limitare la circolazione delle persone. Scuole, università, bar, hotel e negozi – ad eccezione di quelli che vendono cibo, farmaci, elettronica e magazzini – sono chiusi, e il Sistema Sanitario Nazionale sta cercando di far fronte al crescente numero di pazienti che necessitano di supporto ventilatorio nelle unità di terapia intensiva ormai stracolme.
Ma non è tutto. Ad allarmare medici e professionisti c’è un’altra “epidemia nella pandemia”, legata agli effetti psicologici del Covid 19: l’aumento vertiginoso dei casi di disturbi del comportamento alimentare.
L’effetto psicologico della quarantena
Il recente studio di Samantha Brooks e colleghi del King’s College di Londra su 24 studi sull’impatto psicologico della quarantena, ha riportato effetti psicologici negativi tra cui sintomi di stress post-traumatico, confusione e rabbia.
I fattori di stress della quarantena includevano una quarantena più lunga, paura di infezione anche in base a forniture inadeguate, frustrazione, noia, e anche l’angoscia di informazioni inadeguate, perdite finanziarie e stigma sociale.
Secondo la revisione dello studio, inoltre, i bambini e gli adolescenti sembrano particolarmente a rischio di disturbo da stress post-traumatico.
Le persone con disturbi alimentari hanno riscontrato un alto rischio di recidiva o peggioramento della gravità del loro disturbo, infine, proprio a causa delle paure di infezione e dell’effetto della quarantena, e per la carenza di cure psicologiche e psichiatriche adeguate a causa della pandemia.
I dati sui disturbi alimentari nel 2020
+ 30 %. È questo il numero allarmante lanciato dal Ministero della Salute in collaborazione con le associazioni/ strutture per la cura dei disturbi alimentari sul territorio, in relazione alla diffusione dei DCA tra bambini e preadolescenti.
A causa della pandemia e assieme alle conseguenze psicologiche della quarantena che tutti hanno vissuto, seppure con differenti entità, in pratica, chi soffre di disordini dell’alimentazioni si è visto costretto in aggiunta a vivere con l’angoscia di restare nelle 4 mura di casa “insieme al cibo”.
Una convivenza a dir poco impossibile, che incentiva gli episodi di alimentazione incontrollata a causa delle scorte.
“Sono in smart-working e vivo in un piccolo appartamento, e lavoro dal tavolo della cucina. In pratica, se alzo gli occhi, la prima cosa che vedo è il frigorifero…”
Ad aggravare il discorso, il numero in aumento dei disordini alimentari tra i maschi e i giovani adulti di sesso maschile.
Casa = prigione
Creando la separazione con gli altri, la limitazione dei movimenti e un cambio radicale delle abitudini, la quarantena può contribuire al mantenimento delle dinamiche del disturbo alimentare, spesso aggravandole. Eccone alcune.
- La limitata possibilità di camminare e fare esercizio fisico può aumentare la paura dell’aumento di peso, che solitamente viene affrontato accentuando un regime alimentare restrittivo ma anche gli sgarri;
- L’esposizione a elevate scorte di cibo a casa può essere un potente fattore scatenante di episodi di abbuffate e alimentazione incontrollata.
- Rimanere a casa e non controllare il proprio peso può aumentare l’isolamento sociale – una caratteristica comune già associata alle conseguenze delle abbuffate di cibo– e creare un ostacolo irrecuperabile nei rapporti interpersonali:
- Se non si vive da soli, passare più tempo con gli altri del nucleo familiare può portare ulteriori tensioni, specie nel confronto e nei discorsi legati al cibo, accentuando pressioni e sensi di colpa interiori tipici nella persona che soffre di DCA.
- Nelle persone con disturbi alimentari e altre condizioni concomitanti, quali depressione, ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico e disturbo da uso di sostanze, la ruminazione, la preoccupazione e l’ansia innescate dalla pandemia possono accentuare la gravità della condizione di comorbidità.
Accesso “ritardato” alle cure
Un altro aspetto da non sottovalutare, con l’arrivo della pandemia e della crisi delle strutture sanitarie in era Covid, inoltre, è quello dell’accesso tempestivo alle cure.
Per chi soffre di DCA, in definitiva, non sempre è possibile seguire un iter di ricovero o di assistenza lineare come nel periodo pre-pandemia.
Le persone sottopeso per via del disturbo alimentare dell’anoressia nervosa, infine, sono a più alto rischio di complicazioni mediche associate alla malnutrizione e, sebbene non abbiamo dati certi, potrebbero essere a maggior rischio fisico nel caso di un’infezione da SARS-CoV-2. Oltre al fatto che, spesso, non trovano posto immediato in caso di necessità di ricovero.
E attenzione a chi, al contrario, soffre di obesità medio-grave: il non accesso immediato alle cure, in caso di sintomi gravi da coronavirus, potrebbe aggravare alcune patologie presenti e legate al peso.
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Mi chiamo Melania Romanelli e sono una Coach alimentare. Dopo 20 anni di lotta contro il mio disordine alimentare ho vinto la mia battaglia, e oggi aiuto le persone con le problematiche alimentari a vincere questa sfida.
Dal 2019 ho creato il PERCORSO BED LIONS, la prima piattaforma online per combattere le problematiche alimentari con il supporto del coaching e del mentoring, che sta già aiutando centinaia di persone in Italia.
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