L’ossessione per il cibo è comune, divorante ed estenuante. E chi soffre di disturbi alimentari lo sa bene. In questo articolo tratterò cos’è l’ossessione per il cibo, come nasce e come fermarla.


INDICE:


Cosa vuol dire vivere con l’ossessione per il cibo?

Ti sei mai chiesto quando smetterai di pensare al cibo? Oppure perché non riesci a smettere di mangiare quando sei pieno?

L’ossessione per il cibo è comune, divorante ed estenuante. E chi soffre di disturbi alimentari lo sa bene. Ci sono passata anche io e ne abbiamo parlato tantissime volte qui sul blog. Del resto, oggi come coach alimentare lavoro con centinaia di persone proprio per aiutarle ad allontanarsi da tale ossessione attraverso un percorso mirato e specifico di stile di vita.

In questo articolo tratterò, appunto, cos’è l’ossessione per il cibo, come nasce e come fermarla. 


Il pensiero fisso del cibo h24

Anche se rispondere alla domanda “cos’è l’ossessione per il cibo” può sembrare banale, mi piace iniziare facendo il punto di quali comportamenti possono essere riconducibili ad un pensiero costante h24 nei confronti del cibo, tanto da poterli classificare come una vera e propria ossessione compulsiva. 

L’ossessione per il cibo può essere:

  • Svegliarsi al mattino pensando al cibo, parlando e pianificando il prossimo pasto;
  • Consentire solo a te stesso di mangiare determinati cibi, etichettandoli come “buoni” e “cattivi”; 
  • Non essere in grado di concentrarsi sui compiti anche più banali, soprattutto se sai di avere in dispensa alcuni cibi: in pratica, è come se ti chiamassero aspettandosi di essere divorati;
  • Temere le occasioni sociali ed entrare in ansia ogni volta che si riceve un invito dove il cibo è coinvolto;
  • Diminuire quelle stesse occasioni sociali, a causa dello stress di non sapere cosa ci sarà da mangiare;
  • Entrare in panico se “sbagli” a mangiare qualcosa, ragionando in maniera martellante su come “rimediare”;
  • La tua strategia post-mangiata è quasi sempre l’allenamento o la restrizione calorica 

Se ti identifichi in uno o più di tali comportamenti, inutile dire che potresti vivere un’ossessione per il cibo latente, oppure in forma più limitante.

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Mangiare con ingordigia: da cosa deriva?

L’ossessione per il cibo può verificarsi quando abbiamo sempre vissuto al limite del controllo alimentare. 

E ciò vale soprattutto se abbiamo regole molto ferree riguardo al nostro mangiare (un lavoro che può essere sottile e inconscio), sia che si tratti di regole auto-inflitte che abbiamo acquisito nel corso degli anni, sia che siamo stati ispirati da una fonte esterna (ad esempio una dieta restrittiva). 

Vediamo insieme che tipologie di restrizioni possiamo vivere per dare le basi allo sviluppo per l’ossessione per il cibo. 

Restrizioni fisiche

Per restrizioni fisiche intendo quando il cibo è a tutti gli effetti un nemico fisico. In pratica, quando il cibo è “proibito” o “non consentito” e ti viene detto fisicamente di non mangiarlo (da solo o da altri). Per esempio: non si pranza prima delle 12, non sono consentiti carboidrati dopo l’ora x, non puoi superare certi limiti di calorie o pasti.

Restrizioni emotive

Per restrizioni emotive e psicologiche, invece, mi riferisco a tutte le sensazioni collegate proprio all’aver scelto un comportamento “sbagliato”. Quando certi cibi sono considerati sbagliati, infatti, siamo abituati a vivere un lancinante senso di colpa e ansia per volerli solo mangiare, o per averli mangiati. 

Se ti trovi in ​​quest’ultimo punto, del resto, è probabile che la cultura della dieta ti abbia insegnato a etichettare gli alimenti come “puri” e “impuri”, facendoci sentire bene quando mangiamo dell’insalata e malissimo se scegliamo un biscotto. Attribuire un valore moralistico agli alimenti, in definitiva, può interferire negativamente con il nostro rapporto con il cibo, dando il via a ruminazione mentale e pensieri ossessivi legati all’alimentazione.


Restrizione e ossessione: il circolo vizioso

Come ripeto molto spesso ai miei studenti, la restrizione alimentare porta a sentirsi deprivati dalla bellezza del cibo, generando una sensazione di ansia e “attesa” di poter mangiare con gioia (che spesso coincide con l’arrivo del weekend), ​​che poi crea l’anticamera delle abbuffate e della fame compulsiva

Prima che tu te ne accorga, dunque, sei già entrato con tutte le scarpe nel circolo vizioso e continuo:  

restrizione ——> lotta interiore ——> abbuffata ——> senso di colpa ——> compensazione ——-> ripetere  

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1. Restrizione alimentare

Mangiare meno del solito / mangiare solo determinati tipi di alimenti / cercare di scegliere solo i cibi “buoni” o “sani” / eliminare determinati alimenti o gruppi di alimenti / fare il pieno di cibi ipocalorici.

2. Lotta interiore

Ti senti ossessionato dal cibo, hai fame, pensi costantemente al cibo e, cosa ancora più fastidiosa, il cibo che stai attivamente cercando di evitare ti “chiama” come se fosse un essere vivente.

3. Abbuffata

Diventando ossessionato, non sei riuscita a non cedere alle voglie, ti ritrovi a mangiare più del solito, ti senti fuori controllo, mangi tutti i cibi che hai cercato di evitare come la peste, non controlli la quantità che ingerisci, ti isoli socialmente.

4. Senso di colpa

Ti senti tremendamente “sbagliato”, ti vergogni di te stesso, vivi pieno di rimpianto circa il tuo comportamento, ripeti a te stesso che non hai forza di volontà e che sei debole, ti riprometti che devi fare meglio.

5. Compensazione

Devi rimettere insieme i pezzi, devi cercare di rimediare, scegli il tuo meccanismo di compensazione tra digiuno completo (meccanismo anoressico), vomito autoindotto / lassativi (meccanismo bulimico), nuove abbuffate nate dalle emozioni negative scatenate dall’ossessione (meccanismo da alimentazione incontrollata). 

6. Ripetere

Tutto il meccanismo ossessivo, se non viene interrotto, alimenta di nuovo il circolo vizioso, dando di nuovo il via alla spirale compulsiva.

Se tutto questo meccanismo ti suona familiare, dunque, puoi ben capire come la causa scatenante di tutto sia da ricercarsi proprio nella restrizione iniziale, che può farti diventare totalmente ossessionato da quel cibo da non lasciarti scampo. E non solo in relazione al cibo, ma anche influenzando il tuo umore e le tue relazioni, la tua energia fisica e la tua autostima. E questa, come mi dicono tantissimi miei studenti, non è vita.

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Ossessione per il cibo: come la risolvo?

Anche se sembra un pensiero “semplice”, per eliminare l’ossessione del cibo c’è una parola che devi imparare ad utilizzare: permesso. 

Il punto cruciale del circolo vizioso della restrizione/ ossessione, dunque, è quello di darti il ​​permesso.

Quando etichettiamo gli alimenti come “buoni” e “cattivi”, lo abbiamo appena visto, ci sentiamo buoni per aver mangiato una fetta di pollo e cattivi se mangiamo una torta. Quando lasciamo andare questo giudizio di valore morale su di noi e ritorniamo a vedere gli alimenti come neutri, ecco che possiamo effettivamente guardare il cibo per ciò che è, dandoci il permesso di mangiarne quando ne abbiamo bisogno. 

Eliminando le regole restrittive – che nascono da anni di lotta contro l’idea della proibizione alimentare – in pratica, possiamo finalmente godere di tutti i cibi che ci fanno sentire bene. Quella che io chiamo “coccola alimentare”

E anche se all’inizio, specie se una persona soffre di abbuffate, può sembrare spaventoso lasciarsi andare alla decisione – specie quando pensiamo di non avere affatto potere decisionale sul cibo – a lungo andare questa sensazione si si dissolve col passare del tempo. Anzi, più ci abituiamo a mangiare abitualmente i nostri cibi preferiti, più ne diventiamo abituati, meno abbiamo il desiderio di “trasgredire” mangiandone. 

Esercitati, dunque, a mangiare quel cibo prestando attenzione con tutti i tuoi sensi come insegna il Mindful Eating… e vedrai!

In qualità di coach alimentare guido i miei clienti attraverso un esercizio alimentare consapevole quotidiano. È incredibile sentire quali sapori, consistenze, odori ed emozioni le persone notano quando prestano attenzione al cibo. Mangiare consapevolmente e senza giudizio, dunque, consente ai miei studenti di identificare in primo luogo se effettivamente gli piace il cibo e, in secondo luogo, quanto di quel cibo è necessario per trovare il punto di soddisfazione. È un lavoro costante, ma ne vale davvero la pena! 

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