Nel momento in cui è conclamato, è bene riuscire a distinguere quando può bastare un trattamento domiciliare o ambulatoriale e quando, invece, è necessario il ricovero per i disturbi alimentari. Ti spiego tutto nell’articolo.


INDICE:


Ricovero nei DCA: quando intervenire

Quando si parla di disturbi alimentari, sappiamo bene quanto il confine tra “gestione della malattia” e “grave patologia” sia davvero labile, e a volte difficilmente riconoscibile. 

Nel momento in cui il disturbo è conclamato, infatti, è bene riuscire a distinguere quando può bastare un trattamento domiciliare o ambulatoriale e quando, invece, è necessario il ricovero per i disturbi alimentari. 

I punti necessari che devono figurare quando si prova la strada del trattamento dei disturbi alimentari in maniera ambulatoriale sono:

  • perdita o un aumento di peso non estremi;
  • durata variabile degli episodi disordinati e compulsivi;
  • assenza di complicazioni e patologie di origine medica;
  • forte motivazione al cambiamento e alla guarigione;
  • ambiente familiare collaborativo.

Quando sono presenti questi punti, o solo alcuni, ma il trattamento ambulatoriale domiciliare non produce risultati significativi, è bene decidere per il ricovero ospedaliero, specie se si assiste ad una perdita di peso estrema e repentina (caso dell’anoressia nervosa) o ad un aumento vertiginoso del peso (obesità infantile e dell’età adulta). 


Il ricovero per Anoressia

Tra i disturbi alimentari “classici” e “nuovi”, quello con la perdita di peso maggiore e preoccupante con pericolo immediato per la salute è l’anoressia nervosa. 

In tal caso, la perdita di peso è estremamente importante e in combinazione si aggiungono profonde modificazioni cognitive, emotive e sociali tali da giustificare un intervento tempestivo.

La fascia che viene colpita maggiormente con un 90,95% è quella di donne in un età compresa tra i 12 e i 25 anni, senza dimenticare che la percentuale restante è composta da uomini e ragazzi. Anzi, secondo gli ultimi dati, questi sono entrambi trend in forte aumento. 

La decisione del ricovero

Il ricovero per disturbi alimentari, quello per anoressia nervosa è necessario quando il quadro complessivo presenta le seguenti caratteristiche, risultando gravemente compromesso: 

  • grave perdita di peso, con un BMI inferiore a 15;
  • perdita di peso inarrestabile e continua, che si aggira tra i 1,5 e 2,5 kg a settimana per almeno un mese;
  • ipopotassiemia, ovvero livelli di potassio nel sangue inferiori alla normalità;
  • frequenza scostante del ciclo mestruale (amenorrea nei casi gravi);
  • risposta non adeguata al trattamento ambulatoriale-domiciliare;
  • problemi psicologici e comportamentali che non possono essere trattati in ambiente domestico;
  • necessità di separazione momentanea dal nucleo familiare.
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L’incidenza del nucleo familiare

L’ambiente familiare della persona è molto importante, proprio perché la componente psicologica gioca un ruolo fondamentale nei disturbi alimentari. 

A volte, infatti, può capitare che le persone che convivono abitualmente con chi soffre di disturbi alimentari siano emotivamente e psicologicamente distrutte dalla situazione e che non riescano, dunque, a dare il supporto necessario. 

Altre volte, invece, tra i membri del nucleo familiare ci possono essere divergenze sui comportamenti da attuare con chi soffre del disturbo, alimentando lo stress nella persona proprio nell’ambiente domestico. 

Nei casi in cui siano presenti tutte o alcune di queste caratteristiche, il ricovero è la strada più sicura e con maggiori possibilità di guarigione da intraprendere per chi soffre di anoressia nervosa. 


Ricovero ai tempi del Covid

Dal 2020 in poi la vita di tutti noi ha subito un fortissimo stravolgimento dovuto alla pandemia da Covid19, alimentato anche dalle misure di confinamento prese dai Paesi per arginare la situazione.

A pagare il prezzo più alto della situazione sono state e continuano ad essere tutte le categorie “fragili”, tra cui bambini, anziani e adolescenti, assieme alle persone affette dalle patologie più disparate. 

Di conseguenza, le liste d’attesa per i ricoveri hanno subito ulteriori arresti, andando ad aumentare un già precario sistema di controllo della salute. Non fanno eccezione i ricoveri per disturbi alimentari, anzi!

Nell’ultimo anno, le persone che soffrono di disturbi alimentari sono aumentate in maniera esponenziale, con un incremento del 30% di casi e, dato ancora più allarmante, un abbassamento dell’età media dei soggetti colpiti, che ha raggiunto gli 8-10-12 anni di età. 

I ripetuti lockdown, la mancanza di socialità, l’impossibilità di praticare attività sportiva e anche solo di poter stare all’aria aperta, del resto, hanno innescato delle problematiche collaterali nelle persone che soffrono di DCA, legate all’aumento del carico emotivo di stress, paura, ansia e depressione (= che sfocia di solito nel mangiare in maniera compulsiva e disordinata).

Inoltre, l’inaccessibilità alle cure ospedaliere e ai ricoveri ha aggravato ulteriormente una problematica grave e in forte aumento tra i giovanissimi, tanto da essere definita in gergo giornalistico “l’altra epidemia”.

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Cosa succede in ospedale?

Nel momento in cui scatta il “codice lilla” nel triage ospedaliero e avviene il ricovero per disturbi alimentari, comunque, inizia un percorso che prevede un lavoro di equipe su differenti aspetti della vita dei soggetti colpiti. 

Le giornate vengono scandite in maniera regolare e possono includere vari interventi.

  • Cure mediche: nel caso in cui il soggetto soffra di patologie derivate dal disturbo alimentare, infatti, diventa primario curare lo stato di salute alterato, in modo tale da portare l’organismo verso la strada più sana possibile. 
  • Attività di vario tipo: che possano tenere impegnate le persone e che offrano loro una distrazione dalla propria condizione fisica ed emotiva. 
  • Pasti “vigilati”: i momenti dei pasti sono controllati, seguiti e bilanciati secondo la necessità di ognuno; in seguito, poi, verranno inseriti i cibi considerati “fobici” in maniera graduale e sempre controllata.  
  • Sessioni di educazione alimentare: in modo da portare il soggetto ad una consapevolezza verso il cibo anche al di fuori del ricovero. 
  • Terapia di gruppo e individuale: per andare a lavorare in maniera completa sulla sfera emotiva, psicologica e relazionale.
  • Terapie familiari: percorsi per il nucleo familiare al completo, in modo che tutti siano consapevoli e preparati a supportare ed aiutare il soggetto che vive il disturbo alimentare.  

Il recupero: l’iter da seguire post-ricovero 

Una volta finito il periodo del ricovero ospedaliero, il soggetto che soffre di disturbi dell’alimentazione dovrà comunque seguire un iter che lo porterà verso una guarigione totale dal DCA. 

L’iter verrà impostato, nei casi virtuosi, con la struttura ospedaliera con la quale si è fatto il ricovero e può comprendere, tra le altre cose, terapie farmacologiche, terapie cognitivo-comportamentali individuali o di gruppo, sostegno psicologico ed educazione alimentare

Le persone che vivono a stretto contatto con il soggetto affetto da disturbi alimentari, inoltre, verranno educate all’impostazione del giusto approccio, per aiutare nel modo migliore il famigliare.

Nei casi in cui non sussista un iter post ricovero, in ogni caso, la persona può e deve necessariamente intraprendere un percorso di coaching alimentare, che agisca su diversi aspetti emotivi e psicologici, per non perdere i progressi ottenuti a livello fisico con la terapia ospedaliera. 

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